Armi

Con il coltello in tasca

Scrivo questo articolo per avere un riferimento rapido da mandare come risposta quando qualcuno afferma che in Italia si può andare in giro con un coltello in tasca purché la lama non ecceda la lunghezza di 4 dita.

Risposta breve: cazzate.

Risposta lunga: vediamo perché.

Intanto un elemento dovrebbe farci quanto meno suonare un campanello d’allarme: “le dita” non sono un’unità di misura che si possa portare in tribunale, una misura spannometrica che dovrebbe farci sentire già odore di bufala.

Alcune versioni infatti parlano di 4 cm di lunghezza, e già di questo se ne può parlare. Intanto da dove verrebbe questo limite? Se ne trova riscontro nell’articolo 80 del Regolamento per  l’esecuzione del T.U.L.P.S. (Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza) del 6 maggio 1940:

“Sono fra gli strumenti da punta e da taglio atti ad offendere, che non possono portarsi senza giustificato motivo a norma dell’art. 42 della Legge:

i coltelli e le forbici con lama eccedente in lunghezza i quattro centimetri; le roncole, i ronchetti, i rasoi, i punteruoli, le lesine, le scuri, i potaioli, le falci, i falcetti, gli scalpelli, i compassi, i chiodi e, in genere, gli strumenti da punta e da taglio indicati nel secondo comma dell’art. 45 del presente regolamento.

Non sono, tuttavia, da comprendersi fra detti strumenti:

a) i coltelli acuminati o con apice tagliente, la cui lama, pur eccedendo i quattro centimetri di lunghezza, non superi i centimetri sei, purché il manico non ecceda in lunghezza centimetri otto e, in spessore, millimetri nove per una sola lama e millimetri tre in più per ogni lama affiancata;

b) i coltelli e le forbici non acuminati o con apice non tagliente, la cui lama, pur eccedendo i quattro centimetri, non superi i dieci centimetri di lunghezza.”

Peccato che su tale legge, varata con Regio Decreto n. 635 nel 6 maggio 1940, prevalga la più recente legge 110/75 del 18 aprile 1975 il cui articolo 4 recita:

“Porto di armi od oggetti atti ad offendere.
Salve le autorizzazioni previste dal terzo comma dell’articolo 42 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, non possono essere portati, fuori della propria abitazione o delle appartenenze di essa, armi, mazze ferrate o bastoni ferrati, sfollagente, noccoliere, storditori elettrici e altri apparecchi analoghi in grado di erogare una elettrocuzione (1).
Senza giustificato motivo, non possono portarsi, fuori della propria abitazione o delle. appartenenze di essa, bastoni muniti di puntale acuminato, strumenti da punta o da taglio atti ad offendere, mazze, tubi, catene, fionde, bulloni, sfere metalliche, nonché qualsiasi altro strumento non considerato espressamente come arma da punta o da taglio, chiaramente utilizzabile, per le circostanze di tempo e di luogo, per l’offesa alla persona, gli strumenti di cui all’articolo 5, quarto comma, nonché i puntatori laser o oggetti con funzioni di puntatori laser, di classe pari o superiore a 3b, secondo le norme CEI EN 60825-1, CEI EN 60825-1/A11, CEI EN 60825-4 (1) […]”

Si legge abbastanza chiaramente come ciò che fa differenza non è più la lunghezza della lama ma il motivo per cui abbiamo questa lama al di fuori della nostra abitazione.

Posso quindi avere la giustificazione per portare come me un coltello tattico mentre faccio un’escursione in mezzo ai boschi mentre in metropolitana non potrò avere in tasca nemmeno il coltellino svizzero.

Detto questo, è importante tenere presenti due cose:

  1. Adesso non è che le dimensioni non contino più. Starà sempre alla valutazione dell’operatore che ci troverà il coltello addosso (o in macchina) se tale strumento ha le caratteristiche per poter essere utilizzato nel modo in cui noi stiamo giustificandone il porto. Non potremo insomma giustificare la presenza di un machete nell’abitacolo con la nostra frequenza al corso di intaglio su legno.
  2. C’è una differenza tra un coltello ed un pugnale. Mentre un coltello è definito dalla legge arma impropria, un pugnale invece è arma propria (art. 45 del T.U.L.P.S.) ed il suo porto è sempre vietato, tranne nei casi in cui questo sia concesso come arma d’ordinanza al pari delle pistole alla pubblica sicurezza. E’ importante saperlo perché mentre per avere un coltello in tasca senza giustificato motivo si rischia un arresto da 6 mesi a 2 anni e multa da 1’000 a 10’000 euro, per un porto abusivo di arma c’è l’arresto tra i 18 mesi e i 3 anni.

Il kukri

Questo articolo è stato precedentemente redatto per gli amici di escrima.it

Il kukri (o khukuri in lingua nepalese) è un coltello di grandi dimensioni, che possono variare dai 30 ai 60 cm di lunghezza, ha origini nepalesi ed è sempre stato usato, ieri quanto oggi, come strumento di lavoro.

Un tempo costruiti con materiali ferrosi recuperati, oggi sono forgiati in acciaio o lavorati dall’alluminio e presentano una lama monofilare posta sul lato concavo. Lo spessore è di 5-6 mm e la sua larghezza può variare dai 5 ai 12 cm; l’impugnatura è tradizionalmente realizzata in legno o avorio, per quelli di più recente produzione invece è in metallo o in materiale sintetico. La lama ricurva e il baricentro spostato piuttosto in avanti fanno in modo che l’arma causi lacerazioni molto importanti; un colpo ben assestato può arrivare a recidere facilmente un arto.

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copyright: traditionalfilipinoweapons.com

La storia di quest’arma ha avuto inizio con i Macedoni, popolo guidato da Alessandro Magno che grazie alle sue vittorie in Asia diffuse quest’arma in oriente, anche se in Uzbekistan pare siano state trovate armi simili prodotte già nell’Età del Bronzo.
Il più antico esemplare intatto rinvenuto di quest’arma lo si può osservare nel museo di armi a Katmandu. L’arma è appartenuta al Raja Drabya Shah, Re dei Gurkha, e per questo viene anche chiamata “Arma dei Gurkha”.

I primi occidentali a imbattersi in quest’arma furono i britannici, quando tra il 1814 e il 1816 invasero militarmente il Nepal. E proprio i sudditi di Sua Maestà decisero, dopo aver avuto riprova sul campo della sua efficacia, di istituire nei suoi Commonwealth dei battaglioni armati di kukri: fu così che in Nepal nacque la Brigata Gurkha.

Il Kukri divenne anche l’arma data in dotazione ad alcuni reparti indiani e canadesi nella Seconda Guerra Mondiale, mentre  in anni più recenti si hanno notizie di kukri usati nella guerra delle Malvinas (Falklands per gli Inglesi).

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soldati gurkha con i loro kukri cerimoniali

Tutt’oggi il kukri viene dato in dotazione alla polizia nepalese e filippina come normale dotazione di servizio ed è molto usato nelle produzioni cinematografiche e televisive, come per esempio il film Resident Evil o lo sceneggiato Sandokan, in quanto arma dal fascino esotico e dall’aspetto indubbiamente letale.

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Milla Jovovich sul set di Resident Evil impugna due kukri

Il balisong

Questo articolo è stato originariamente scritto e pubblicato per gli amici di escrima.it ed è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Il balisong (conosciuto anche come butterfly knife – coltello a farfalla) è il coltello caratteristico della provincia di Batangas, posta nella parte sud-ovest di Luzon.

balisong

Il nome balisong è una parola di origine tagalog composta da baling e sungay, letteralmente corno rotto, in quanto proprio il corno di carabao veniva usato per fabbricarli. Balisong è anche il nome di un barangay della città di Taal, famosa per la produzione di questi coltelli.

Sembra accertato che il primo balisong moderno realizzato nelle Filippine fu prodotto da Perfecto de Leon che lo fabbricò nel 1905, a seguito di una diminuzione della domanda di più umili coltelli itak o bolo. Il prodotto ebbe successo e nel giro di breve tempo si diffuse come arma personale nei barangay vicini.

La particolarità del coltello sta nell’impugnatura che aprendosi longitudinalmente permette di scoprire la lama, quasi sempre monofilare. L’apertura è realizzata in modo che possa essere eseguita con una mano sola, e con un po’ di esercizio è possibile farlo in maniera decisamente rapida.

Il termine con cui ci si riferisce comunemente al balisong in occidente è coltello a farfalla, nome ambiguo se si considera che con “coltelli a farfalla” si indicano anche i Wu Dip Dao tradizionali del Wing Chun, estremamente diversi da quelli filippini.

Wu dip dao (crediti: Arteguerreras)

Wu dip dao (crediti: Arteguerreras)


Il balisong viene importato in occidente verso la fine della II Guerra Mondiale ad opera dei soldati operanti nell’arcipelago filippino e conosce la ribalta nei media soprattutto grazie all’attività divulgativa di artisti marziali come Jeff Imada, autore di due famosi manuali sul balisong e stuntman in numerosi film di azione hollywoodiani.

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Curiosità

Benchè sia ormai opinione largamente condivisa che il balisong sia un coltello nato nelle Filippine, in realtà è di origine franco-genovese. Era infatti un coltello impiegato dagli artiglieri navali almeno dal ‘700. Sul manico erano presenti diverse tacche, utili per aggiustare l’alzo dei cannoni mentre la sua punta veniva usata per preparare l’accensione e per svolgere altre operazioni di routine. Il design del coltello, pensato per essere aperto ed utilizzato con una sola mano, si prestava particolarmente ad essere impiegato in servizio sulle navi. Un esemplare di questo coltello, datato 1791, è esposto al Musée de la Coutellerie a Thiers in Francia.

Balisong noto come Pied-Du-Roy (Crediti: Guillaume Morel)

Balisong noto come Pied-Du-Roy (Crediti: Guillaume Morel)

Nelle Filippine il balisong è conosciuto anche come Bente Nueve, dallo spagnolo veinte y nueve (venti e nove). Sembra che il primo coltello giunto nell’arcipelago da occidente, donato da un marinaio ad un indigeno, riportasse sul manico 29 tacche. Secondo alcuni, queste tacche avrebbero rappresentato il numero di nemici uccisi dal suo proprietario. Molto più facilmente invece queste sarebbero potute essere parte della scala graduata incisa sull’impugnatura del coltello, che in questo caso avrebbe misurato appunto  29 centimetri*.

* Rileggendo la parte finale mi sono accorto di aver fatto riferimento ad una unità di misura specifica, il metro, senza però essere sicuro che fosse quella. Benché il metro fosse definito già dal 1791 e adottato dalla Francia nel 1795, non vi sono certezze sulla nazionalità del marinaio in questione nè tantomeno sull’anno in cui questi avrebbe fatto dono del suo coltello.